Pensiero numero centoquarantanove

Guardare gli altri è fra le varie cose un modo di approcciarsi alla vita e capire cose a cui nella peggiore delle ipotesi non si mette nemmeno l’attenzione dell’immaginazione.
Se però poi io passo il limite della possibilità delle persone di non dover rendere conto alle persone se non le persone preposte all’ordine e alla sicurezza io non faccio qualcosa di bello.
Non si può però dire che è una cosa che non si può fare, perché in qualche caso le si fa queste cose. Ma in quel caso io non faccio qualcosa di consentito, perché tolgo alla gente una libertà.
Dovrebbero esserci situazioni che dovrebbero far capire quando si toglie alla gente quel pezzo di vita tutto proprio, perché è facile fare qualcosa che non ci crea danno ma crea danno solo agli altri.

Pensiero numero centodieci

Intervista a Frédéric Martel

Ciò che vedete è il frutto di una volontà.
Queste righe sono il desiderio di riuscire in una missione particolare: scrivere.
Ma come tutti i desideri, e quindi i tentativi conseguenti, hanno l’intralcio di trovarsi di fronte la realtà che nella maggior parte dei casi ammazza, più che aiutare.
Non vuol dire che l’aiuto sia obbligatorio, ma che per lo meno la falciatura orizzontale a cui i desideri sono irreparabilmente condannati non sia così radicale e invasiva.
Nella maggior parte dei casi chi coltiva una passione si ritrova a fare i conti con i conti. E alla fine sono questi ultimi che vincono.
Se magari si vedesse l’angolo positivo delle aspirazioni del singolo, una energia che altrimenti sarebbe filtrata e sfruttata in minore intensità su altri lavori o occupazioni, magari le cose sarebbero diverse.
Magari le persone potrebbero rendere più di quanto rendano occupate altrove. Principalmente in qualcosa accettato obtorto collo.
Non tutti possono fare quello che vogliono, pena l’anarchia. Ma lasciare le briglie, perché no?